martedì 23 marzo 2010

Terapia sistemico relazionale

Con F. è andata male, malissimo. Ho sofferto tanto sia durante che dopo...ne soffro ancora e non mi capitava da anni. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sentivo pronto a rimettere in gioco i miei sentimenti, la mia vita, e invece...è servito a ben poco. Ma questa volta non mi va di subirlo passivamente questo "dolore dell'anima", voglio trasformarlo e imparare, quello lo posso fare anche senza F. Voglio imparare perché se qualcosa ho sbagliato fino a oggi, non voglio più farlo in futuro o almeno voglio provarci. Allora ho pensato di rivolgermi ad un “terapeuta” che potesse darmi chiavi di lettura nuove, necessarie a non ricadere nei classici schemi appresi nel corso degli anni e che probabilmente sono anche un po’ la causa di quanto ora mi trovo a vivere. Ho deciso di cercare una nuova consapevolezza.
Ho iniziato quindi una “terapia sistemico relazionale”, un percorso a volte pesante, carico di riflessioni profonde e non banali, ma parallelamente anche ricco di stimoli e motivazioni, insite nella scoperta di un nuovo “io” o di una chiara coscienza dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
Il termine “terapia” no mi piace molto, non lo sento completamente adatto a quello che vivo, mi piace più pensare ad una “educazione” alle relazioni. Perché come ci si educa alla cultura, all’alimentazione, ai comportamenti civili, qualcuno dovrebbe educarci anche alle relazioni, per comprendere come esse vanno gestite, su che dinamiche si muovono, cosa ci viene chiesto all’interno delle relazioni, siano esse amorose, sociali o di altro tipo.
Nel blog vorrei riportare le considerazioni e le riflessioni che verranno fuori man mano che questo percorso prenderà forma.
Intanto qualche concetto rubato in rete sulla “terapia sistemico relazionale”.
[Il malessere presentato dalla persona viene letto non tanto come problema dell’individuo, ma come espressione di disagio di uno dei sistemi di appartenenza.
Viene solitamente privilegiata l’ottica familiare, ma le dinamiche disfunzionali possono collocarsi anche nel sistema coppia, nell’ambiente lavorativo, nel gruppo amicale, etc.
L’identità individuale viene considerata come frutto delle relazioni significative che la persona ha intrattenuto nel corso della sua vita; pertanto, un eventuale problematica non viene letta e trattata come caratteristica insita nell’individuo, ma come esito di esperienze relazionali.
Il fine della terapia è quello di trovare modalità relazionali diverse con i sistemi di appartenenza.
Questo tipo di terapia è inoltre finalizzato a leggere alcuni eventi e situazioni in modo maggiormente tollerabile da un punto di vista emotivo e trovare un significato possibile a difficoltà personali e/o familiari.
Il lavoro psicoterapeutico non è dunque prettamente rivolto al trattamento del sintomo presentato ma alle situazioni relazionali che lo hanno generato.]

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