venerdì 4 giugno 2010

A.A.A. Cercasi appartamento a prezzi modici zona Montesacro

In questi giorni vivo due sensazioni.

Nella prima mi sento come chi sta rimescolando le carte della sua vita perdendo di vista semi e colori. Nella seconda mi vedo nel fondo di una buca le cui pareti sono di viscido fango e ogni mio tentativo di uscirne si risolve in uno scivolone all’indietro che mi riporta a terra sconfitto e amareggiato.

Sto rimettendo in discussione tutto, lavoro, amicizie, passato, presente e futuro. Non va bene nulla e credo anche che stia generando qualche malumore tra amici e colleghi, probabilmente un po’ spiazzati dai miei comportamenti.

Il pensiero di andare a vivere da solo ha aperto diversi scenari con cui sto facendo i conti. Devo e voglio uscire dalla casa in cui sono ora, non è più pensabile vivere in condivisione e ancor più non è pensabile vivere insieme alle persone con cui oggi divido il mio appartamento.

Ho iniziato subito con l’idea di comprarla, dando uno sguardo agli annunci e andando a visitare qualche casa in vendita. Ma più prendo consapevolezza di questo pensiero, più mi scontro con la realtà della casa a Roma, del contesto urbano e sociale, dei prezzi, più mi chiedo se è in un posto così che voglio vivere. Oggi mi sento di dire con quasi assoluta certezza che mi piacerebbe qualcosa di più “umano”.

Ma certo maturare un cambio di città, con relativo cambio di lavoro, non è certo scontato ne immediato.

Allora la soluzione transitoria, quella che mi permetterebbe di avere un po’ di respiro e decidere con calma riflettendo un po’ meglio su questi aspetti, potrebbe essere un affitto

Se mi muovo nella direzione dell’affitto trovo solo monolocali alla modica cifra di € 700, cifra che sarei anche disposto a spendere, ma non certo per un…monolocale.

Per avere qualcosa di più vivibile e a cifre più economiche, bisogna andare fuori Roma e fare i conti con il problema degli spostamenti. Cosa che conoscendomi, mi procurerebbe certamente dei disagi non da poco.

A tutto questi problemi si aggiungono in ordine di importanza:

  1. Il lavoro nella mia azienda è diventato un delirio
  2. Le mie sedute con Berny mi stanno catapultando in un “io” che non conoscevo, con grossi problemi di identificazione
  3. Di fronte a tutte queste scelte mi sento solo
  4. Non sto più bene con nessuno, in primis con me stesso
  5. A.
  6. E’ primavera
  7. Varie ed eventuali

Io non mi "accompagno"!!!

Ieri sera ho discusso con un amico.

Lui sostiene che nella vita è normale anche accompagnarsi, tanto “per rientrare la sera a casa e non trovarla vuota”…testuali parole.

Alle sue convinzioni ho ribadito con forza che no, non ero d’accordo e che penso di aver ancora la forza per credere in una condivisione che parta dall’Amarsi e faccia parte di un progetto di vita comune e non solo di una condivisione logistica di spazi e solitudini.

A me piace ancora pensare che nella vita si possa stare insieme sulla base di un Amore prima e di un Amarsi poi e non per fuggire dalla inquietante paura delle nostre solitudini, accontentandosi di un surrogato vestito troppo spesso degli abiti di un “compagno” con cui ci ritroviamo a vivere una quotidianità da cui poi fuggire, fosse solo con un pensiero.

Capisco quanto sia difficile affrontare la vita con il costante pensiero di essere "soli" in ogni nostra scelta o decisione. Lo capisco in questo periodo forse più di altre volte, comprendo quanto questo pensiero sia capace di trascinarti in un abisso che muta i colori e la percezione dei sentimenti, in un mosaico confuso capace di ipnotizzare gli occhi e l’anima, trasformando l’essenza vera del dolore e anestetizzando ferite che pian piano si risveglieranno gridando forte la loro rabbia.

Posso capire tutto, ma finché avrò la forza di sognare…sarò libero di non “accompagnarmi”.

mercoledì 2 giugno 2010

Genogramma

Da un paio di sedute ho iniziato a indagare il passato, le origini e soprattutto la storia della mia famiglia per capire quale DNA relazionale si è tramandato da una generazione all’altra, influenzando così le dinamiche famigliari fino agli aspetti e le sfumature del mio modo di essere. In termini tecnici sto studiando il mio genogramma.

Anche questo aspetto dell’analisi ha i suoi lati divertenti e quelli che invece lo sono meno. Abbiamo iniziato dalla famiglia materna, partendo un po’ dai miei nonni e dalla loro vita, cercando di capire come abbiano impostato l’educazione e la formazione dei loro componeti, con quali principi e metodologie.

Siamo poi passati alla famiglia paterna e infine siamo entrati in casa mia.

Incuriosito poi da questo studio ho iniziato a far qualche domanda a casa e ho scoperto una singolare ed entusiasmante storia famigliare legata al mio bisnonno materno, Andrea.

Da quello che ho potuto scoprire pare che il caro bisnonno Andrea la vita se la sia goduta alla grande fino agli ultimi suoi giorni. Nasce nel 1846 e la leggenda dice che abbia conosciuto Garibaldi. Si sposa una prima volta e da questo matrimonio nascono cinque figli. A tarda età la moglie muore, ma invece di rassegnarsi alla vita, alla veneranda età di sessantasette anni, sposa una donna più giovane di lui di quarantaquattro anni con cui mette al mondo cinque figli, di cui mio nonno Carmine è il penultimo, nato nel 1919 quando il padre ha ben settantatre anni. La moglie muore di parto mettendo al modo l’ultimo figlio nel 1923.

Non ancora appagato dalla vita si sposa per la terza volta nel 1924. Muore nel 1930 sopravvivendo anche all’ultima moglie. Che dire, viva il bisnonno Andrea!!

Ho riflettuto un po' sulle cose emerse dalle ultime sedute con Berny, vi riporto il mio pensiero.

Nonostante le difficoltà, la lontananza, l’aspetto quasi esclusivamente femminile della famiglia, quella materna risulta molto più unità e cooperante, a prescindere dall'autonomia dei singoli.

Molto meno unità, con una componente maschile quasi defilata e più impegnata nei doveri e nel sacrificio individuale e meno nel bisogno comune della famiglia, risulta essere quella paterna. Solo le donne si adoperando per un'unione più famigliare stringendosi intorno a mia nonna, sicuramente il fulcro della vita domestica.

Rispetto alla famiglia materna, quella paterna si presenta molto più rituale, formale e metodica, con una minore dedizione alla crescita e al costruire per il futuro e più propensa alla “sopravvivenza” giornaliera. Una famiglia che sta più insieme per necessità e/o dovere che per spirito comunitario di aiuto reciproco, una famiglia che ancora una volta mi riporta ai protagonisti del romanzo di Ignazio Silone “I cafoni di Fontamamara”….anche se forse il confronto è un po’ azzardato.

Nella famiglia paterna sono più i singoli che si riuniscono per condividere qualcosa (lavoro, un momento di difficoltà o altro) che non l’entità famigliare nel suo insieme.

Tutt’oggi questo non avviene nella famiglia materna dove il problema del singolo è vissuto come problema di tutti o comunque, anche nella semplice “socialità”, è più la famiglia che si ritrova che non i singoli.

Se provo ad analizzare almeno dall’esterno le caratteristiche più superficiali dei componenti delle due famiglie, vedo i componenti della famiglia di mia madre molto più sereni e gioviali. Li vedo riunirsi anche nelle occasioni non di festa, scherzando e prendendosi in giro a sessantanni come se ne avessero trenta, in un alternarsi di eccentricità divertenti. Nella famiglia di mio padre si è invece più formali e seriosi, quasi cupi a volte, sempre un po’ lamentosi e con una visione un po’ pessimistica della vita e delle sue difficoltà.

Se poi si sposta l’attenzione sull’aspetto puramente materiale, chi ha costruito di più è la famiglia materna, nonostante in minor numero, a dimostrazione forse che nella famiglia di mio padre è valsa la “forza del singolo” mentre in quella di mia madre “la forza della comunità”.

E Io? Dove mi colloco io tra le due famiglie?

Anche se mi resta difficile ammetterlo, nonostante mi senta molto più vicino alla famiglia materna, forse come modello ho fatto mio molto di più quello paterno che paradossalmente non mi soddisfa per nulla. Dimostrazione ne è il fatto che frequento molto di più e con più piacere i parenti da parte di mia madre, e invece quasi come un dovere mi ritrovo a volte a vivere la famiglia paterna.

Conoscete il libro: “La solitudine dei numeri primi”?

Io non l’ho letto, ma il titolo di questo libro mi fa pensare alle differenze di carattere tra mia madre e mio padre.

Mio padre è certamente più individualista, solitario, ma credo di poter affermare che ha un pensiero molto più articolato di mia madre. Un elettricista che si appassiona alla musica classica, al jazz, alla canzone d’autore, all’arte, alla scienza e alla tecnologia. Un genio del lavoro manuale in tutte le sue forme, che a 65 anni va in pensione e come se la vita iniziasse ancora una volta, si compra un pc e impara a navigare in internet, a programmare i PLC, cosa che a me oggi resterebbe difficile da apprendere. Una persona però che quasi non coltiva amicizie, rapporti sociali, se non nel giro stretto del mondo del lavoro che ancora abita con passione.

Mia madre invece è sicuramente meno “ricca” da questo punto di vista, ma sicuramente più propensa alla vita sociale, sempre pronta ad aiutare gli altri, molto generosa, pronta a prendersi carico dei problemi degli altri e che risente molto della fiducia tradita. Attenta alla casa, una donna che ha saputo dividersi meravigliosamente tra lavoro, gestione domestica ed educazione mia e di mio fratello.

Se collego questa analisi dei miei genitori alla mia propensione verso l’altro sesso, posso dire che cerco e mi sento più attratto da donne che rappresentano un aspetto caratteriale simile a quello di mio padre, mentre a vote mi capita di provare quasi disagio di fronte al manifestarsi delle caratteristiche tipiche del carattere di mia madre.

Altro fattore che contraddistingue le differenze delle due famiglie è l’aspetto esteriore. Se penso al mio nonno materno, ai suoi fratelli, rivedo persone “eleganti” non solo nel vestire, soprattutto alla domenica, ma proprio nella fisionomia e nell’aspetto, con i baffi sempre curati e la brillantina nei capelli.

Io sono molto più simile a mio padre, per lo più amo il vestire comodo da “tutti i giorni”, senza risalto per gli aspetti eleganti, anche se ho le mie peculiarità e i miei gusti fuori dagli schemi paterni.

W IL BISNONNO ANDREA!!!

giovedì 6 maggio 2010

Mio fratello è figlio unico

E’ da un po’ che non mi fermo a riflettere con calma sugli ultimi due incontri con Berny e questa sera finalmente trovo un po’ di tranquillità per farlo. Da dove iniziare…
Martedì scorso parlando del più e del meno mi sono trovato a toccare un punto importante della mia vita.
Il rapporto con mio fratello. Con M. potrei dire molto più facilmente che non ho un rapporto, non c’è mai stato. Da quando eravamo piccoli non ricordo mai, se non in rare occasioni, di aver condiviso con lui piacevolmente e da complici nessun aspetto della vita. Quando eravamo piccoli per brevi periodi abbiamo condiviso dei giochi e qualche amico di quartiere, ma mai questa cosa si è protratta a lungo e significativamente e per lo più il nostro rapporto è stato per tanto tempo conflittuale - negli anni passati ci siamo sempre scontrati arrivando anche litigare furiosamente - e oggi potrei dire che quasi ci siamo indifferenti. Non ci sentiamo per settimane e settimane e nelle poche volte che ci vediamo, quando torno di tanto in tanto a casa per un week end, il nostro rapporto si limita a un saluto e a qualche superficiale e freddo scambio di frasi di circostanza. La cosa strana è che io non sento il bisogno di cercare con lui un benché minimo rapporto, e questo ha fatto molto riflettere Berny. Il problema per me è che oggi non saprei di cosa parlare con mio fratello, non saprei proprio quali argomenti intavolare, un po’ perché siamo completamente diversi, un po’ perché non riuscirei mai a confrontarmi con una persona dagli schemi mentali così rigidi e chiusi con quelli che ha M. Inoltre ritengo che il suo modo di pensare e parlare di qualsiasi cosa sia dettato da opinioni superficiali e da pensieri poco articolati e una delle cose che non sopporto, è proprio questo tipo di personalità…a volte, anche se è difficile ammetterlo, mi sembra quasi di provare una scarsa stima verso di lui e verso il suo modo di essere.
Sicuramente il mio errore è quello di essere ed essere stato sempre troppo critico nei suoi confronti. L’ho giudicato pesantemente per le sue scelte e i suoi modi fare e non mi sono mai reso conto che questo ha innalzato tra me e lui una barriera sempre più alta. Di questo sono consapevole, ma il problema è che oggi non trovo stimoli a recuperare il tempo perso ne interesse a farlo.
Certo per alcuni eventi della sua vita è stato sfortunato e l’incidente che ha subito ha influito pesantemente sul suo carattere e sulla sua condizione di vita, ma credo che questo non possa essere un alibi infinito.
L’adagiarsi su una condizione iniziale di privilegio lo ha portato pian piano a subirla e ora ne sta pagando le pesanti conseguenze sulla sua vita.
L’unica cosa che posso sperare è che trovi la sua strada, anche piccola e difficile ma che almeno gli apra la possibilità di iniziare un percorso di autodeterminazione e crescita.

lunedì 3 maggio 2010

Primo maggio

Primo maggio festa dei lavoratori.
Parto da questa data, da questa ricorrenza, per scrivere il post di oggi.
Magari generalizzo un po’ troppo ma credo che ormai siamo abituati a farci scivolare addosso ricorrenze come questa senza nessun momento di riflessione, senza nessuna curiosità per quello che rappresentano. Eppure proprio in un momento storico come quello che stiamo vivendo, con una pesante crisi economica che mette a rischio il lavoro di tante persone, con il lavoro nero che sfrutta l’immigrazione per profitti senza scrupolo, con le decine e decine di morti sul lavoro, con il precariato, con il caporalato che incontro ogni mattina andando a lavoro, con il lavoro su cui a volte non si riesce più a far nessun progetto per il futuro, in un momento come questo dovrebbe squillare il senso vero di una data come questa.
Un augurio a tutti i lavoratori.
Il primo maggio si sa è anche giornata di gite fuori porta e pic nic e proprio durante il pic nic di oggi a Villa Ada, parlando della sua ultima delusione sentimentale, V. mi ha dato una precisa e chiara visione su un aspetto su cui non avevo mai riflettuto, e allora ho aggiunto un’importante tassello all’analisi della mia relazione con F.. Non credo di avere ancora una posizione F-centrica ma a volte rifletto su alcune cose perché, per quanto breve, è stata una dura ma importante palestra di vita.
F. non era “innamorata” di me in quanto persona, ma di quello che io rappresentavo per lei, delle situazioni in cui la coinvolgevo e che con me si trovava a vivere, delle cose che io avevo e che magari lei desiderava nella sua vita ma che per vari motivi non era mai riuscita a costruire o per lo meno a costruire come avrebbe voluto. Le uniche volte che ho sentito F. veramente vicina come una compagna, sono state le occasioni in cui con me ha vissuto le “imprese” sportive in bici, cosa che in quel periodo a lei piacevano e significavano tanto, e le volte in cui l’ho coinvolta in uscite con i miei amici, componente che nella sua vita mancava quasi completamente.
Questo non ha tanto importanza per il passato, ma credo sarà una bella consapevolezza per il futuro…grazie V.
Altra cosa che ha rubato l’attenzione dei miei pensieri in questi giorni è quello che si sta delineando con A. e con il nostro ritrovarci, che per ora è solo un contatto via email.
Più passa il tempo e più sento di perdere interesse per questo avvicinamento o meglio sento che esso non rappresenta più quello che per tanto tempo avevo immaginato. Le sensazioni, le immagini e perché no i sogni in cui avevo riposto mille pensieri in questi anni, sono quasi completamente svaniti. E se così è ne sono contento, sia perché non vivo questa fase con l’ansia di dover ritrovare A. e il passato, sia perché penso di essermi liberato di un ingombrante fantasma che da troppo tempo abitava le stanze della mia vita. Sono curioso di rivederla e di scambiare due chiacchiere con lei, ma niente più.
A questo inoltre si aggiunge il fatto che oggi un rapporto alla pari con A. non è possibile, e quando parlo di rapporto alla pari dico anche solo per la semplice voglia di una telefonata, a una qualsiasi ora del giorno, o la voglia di incontro che non sia per forza programmato o previsto. Voglio qualcosa in cui non ci sia una complicazione di mezzo. Ho bisogno di cose limpide e serene…niente di più, non chiedo altro.

giovedì 22 aprile 2010

Post telefonata

Il post precedente l’ho cancellato. Per quanto questo blog sia conosciuto solo dai pochi che sanno, non penso sia giusto rendere accessibili a chiunque possa capitare qui per caso i sentimenti di un’altra persona. Berny non lo ha letto ma gli ho raccontato quanto accaduto in questi giorni e ha portato la mia attenzione su un fatto importante a cui non avevo pensato. Sto di nuovo commettendo un errore, ragionando con gli schemi del passato. Io non sono lo psicologo di A., ne posso avere la presunzione di pensare che lei oggi sia infelice oppure che si sia infilata di nuovo in una situazione non appagante. Peggio ancora non posso pensare che possa essere io a farle capire alcune cose. Questo non è il mio ruolo. Ne A. me lo ha chiesto.
Io oggi quello che voglio, quello che posso offrirle, è una semplice amicizia. Lo spazio necessario a una conoscenza reciproca, come se fossimo due persone che si incontrano quasi per la prima volta e si conoscono. Posso offrirle un confronto su quello che eravamo e vedere quello che siamo adesso, ma non voglio vivere un solo minuto con l’idea di ricercare un passato che non c’è più. Ci ho messo anni per lasciarmelo alle spalle, con tutto quello che esso ha significato, e ora, dopo tanto sacrificio e sofferenza, l’unica cosa che voglio e guardare avanti.
Sento che sto maturando un passaggio importante della mia vita e non voglio sprecare questa occasione in sentimentalismi fini a se stessi e in déjà vu delle emozioni.
Le avevo scritto la mia email perché mi faceva piacere sapesse cosa oggi pensavo di lei, rispetto a quello che con lei avevo vissuto, dopo aver capito la mia parte di responsabilità nel prima e nel dopo. Non lo avevo fatto per altro, se non forse per mettermi alla prova rispetto a questo mio nuovo essere. Per provare le mie nuove “armi” (risorse).
La sua reazione mi ha lasciato spiazzato e sinceramente, leggendo quanto mi ha scritto, avevo immaginato che ora fosse sola e un po’ la fantasia, per quanto tenuta a freno dalla consapevolezza, si era messa a trotterellare. Non che il dirmi della sua relazione abbia cambiato di molto la mia visione delle cose, ma oggi c’è anche questo in ballo e io voglio tenerne conto fino in fondo. Se anche una sola amicizia possa significare un fastidio o un elemento di disturbo per qualcun altro, allora io mi tolgo di mezzo senza problemi ne rimostranze o altro. Io non voglio “rubare” nulla a nessuno, fosse anche solo per il tempo di due chiacchiere davanti a un caffè.
Sono contento di questo mio nuovo modo di vedere le cose, di viverle in maniera più consapevole, più “forte”….mi fa sentire fiero di me stesso.
Sono sempre più convinto di aver fatto una cosa giusta, di aver iniziato un percorso che pian piano sta liberando un nuovo modo di essere che mi piace. E paradossalmente ritrovo anche la serenità e la tranquillità nel vivere da solo, proprio in questo momento.
Vi ricordate del gioco che vi ho proposto qualche post fa?
La soluzione è questa.



A prescindere che ci siate arrivati o meno, il significato vero della soluzione è che essa a volte va trovata al di fuori degli schemi classici che ognuno si porta dietro e che non sono necessariamente sbagliati, ma che possono non essere più efficaci o significativi in un nuovo momento della nostra vita. In particolare possono non esserli nel momento in cui siamo di fronte a un nostro processo evolutivo.
Può essere addirittura una nuova soluzione, oppure un nuovo approccio al problema, a spingerci verso un’evoluzione, un cambiamento del nostro modo di rapportarci alle relazioni con il mondo che ci circonda.
Berny dice che su questo principio, se vuole, l’uomo può evolversi in continuazione durante tutto il corso della propria vita, anche se a volte più si matura e si va avanti con gli anni più questo processo sembra difficoltoso, ma solo perché ci fossilizziamo e ci rendiamo pigri al cambiamento.
E se da un lato questo è normale che lo sia, per la nostra ricerca alla stabilità, dall’altro ci toglie la possibilità di scoprire che possiamo essere anche altro.
Per dirla in termini ingegneristici, siamo come un sistema in oscillazione attorno a un punto di equilibrio stabile. Ma può succedere che questo equilibrio non ci soddisfi più e allora abbiamo bisogno di una perturbazione esterna che ci porti, dopo un moto un po’ burrascoso e poco lineare, ad oscillare intorno a un nuovo punto di equilibrio.
Buone oscillazioni a tutti.

lunedì 12 aprile 2010

Sabato



Sabato incontrerò A.. Dopo sei anni risentirò la sua voce, tornerò a posare i miei occhi sul suo sguardo, sull’espressione bellissima dei suoi occhi, forse ci sarà anche spazio per una carezza, un’abbraccio….non lo so.

Sono felice e anche un po’ orgoglioso di aver rotto questo lungo silenzio, era necessario per me e per lei, se le volevo bene, se volevo provare ad essere altro, dovevo farlo.

In questi giorni ci siamo un po’ raccontati per email, ma giusto quanto serviva per rompere il ghiaccio. Non ho nemmeno avuto il coraggio di chiederle se potevamo sentirci al telefono – il suo numero l’ho cancellato sei anni fa dalla rubrica ma non dalla mia memoria - in realtà non so nemmeno se lo voglio, non so se voglio risentire per la prima volta la sua voce attraverso un telefono, ho quasi paura di non riuscire a dare fiato a nessuna parola…e allora credo che aspetterò sabato.

In me ora si alternano diversi stati d’animo. Da un lato sono felice e fremo all’idea di rivederla, di parlarle, di sentirla, di vedere cosa potrà nascere da questo riavvicinamento. Dall’altro lo temo. Non temo tanto questo momento, questo incontro, ma quello che da esso si svilupperà, le aspettative che ognuno riverserà sull’altro, su come saranno gestiti i passaggi che si apriranno da sabato in poi. Non mi spaventano i fantasmi del passato, di questo sono sicuro, mi spaventa il presente per come si manifesterà e per le nostre reazioni. Ma ancora una volta sto commettendo l’errore di pensare a qualcosa che non c’è ancora, che non è reale. E allora devio altrove i miei pensieri. Alcune volte penso invece che può bastare quanto ho fatto, che non mi occorre altro....quasi si generasse un rifiuto per quanto si sta manifestando.

Ma cosa le dirò sabato? Certo bisognerà riprendere il discorso da dove è stato interrotto, sei anni fa.

E allora le chiederò scusa per averla lasciata troppo sola in un momento così difficile della sua vita, di non averla saputa ascoltare, distratto da quanto stavo io affrontando, limitato dalle difficoltà di quel tempo.

Le chiederò scusa per il silenzio e la distanza di questi anni, difficile per entrambi, l’unico modo che mi sembrava possibile per farle pesare il mio dolore, la mia sofferenza. Non ho saputo fare di meglio che coltivare la presuntuosa idea che un passato così si potesse chiudere da un giorno all’altro, riponendo i tanti ricordi, le emozioni, i profondi sentimenti, all’interno di una scatola di cartone riposta sull’ultimo piano di una libreria.

Le dirò che ho compreso le sue reazioni di allora, anche se non le ho mai giustificate.

Penso inizierò da queste cose, cercando di capire poi, nei giorni che seguiranno, cosa dicono e nascondo le voci che ancora sento nell’animo. Se sono reali, o sono solo l’eco di quello che è stato. Se valgono solo per la A. di ieri, o possono essere dette e amplificate anche per la A. di oggi. Non posso più convivere con questo pensiero, quotidiano e forte, senza capire bene cos’è e cosa chiede.

Scusate il video da pasticciere diabetico…ma quando mi è venuta in mente questa canzone e ho trovato il video su You Tube, mi sono troppo divertito all’idea di associarlo a questo post.

Anche se manca ancora qualche giorno…buon “sabato pomeriggio” a tutti.