lunedì 12 aprile 2010

Sabato



Sabato incontrerò A.. Dopo sei anni risentirò la sua voce, tornerò a posare i miei occhi sul suo sguardo, sull’espressione bellissima dei suoi occhi, forse ci sarà anche spazio per una carezza, un’abbraccio….non lo so.

Sono felice e anche un po’ orgoglioso di aver rotto questo lungo silenzio, era necessario per me e per lei, se le volevo bene, se volevo provare ad essere altro, dovevo farlo.

In questi giorni ci siamo un po’ raccontati per email, ma giusto quanto serviva per rompere il ghiaccio. Non ho nemmeno avuto il coraggio di chiederle se potevamo sentirci al telefono – il suo numero l’ho cancellato sei anni fa dalla rubrica ma non dalla mia memoria - in realtà non so nemmeno se lo voglio, non so se voglio risentire per la prima volta la sua voce attraverso un telefono, ho quasi paura di non riuscire a dare fiato a nessuna parola…e allora credo che aspetterò sabato.

In me ora si alternano diversi stati d’animo. Da un lato sono felice e fremo all’idea di rivederla, di parlarle, di sentirla, di vedere cosa potrà nascere da questo riavvicinamento. Dall’altro lo temo. Non temo tanto questo momento, questo incontro, ma quello che da esso si svilupperà, le aspettative che ognuno riverserà sull’altro, su come saranno gestiti i passaggi che si apriranno da sabato in poi. Non mi spaventano i fantasmi del passato, di questo sono sicuro, mi spaventa il presente per come si manifesterà e per le nostre reazioni. Ma ancora una volta sto commettendo l’errore di pensare a qualcosa che non c’è ancora, che non è reale. E allora devio altrove i miei pensieri. Alcune volte penso invece che può bastare quanto ho fatto, che non mi occorre altro....quasi si generasse un rifiuto per quanto si sta manifestando.

Ma cosa le dirò sabato? Certo bisognerà riprendere il discorso da dove è stato interrotto, sei anni fa.

E allora le chiederò scusa per averla lasciata troppo sola in un momento così difficile della sua vita, di non averla saputa ascoltare, distratto da quanto stavo io affrontando, limitato dalle difficoltà di quel tempo.

Le chiederò scusa per il silenzio e la distanza di questi anni, difficile per entrambi, l’unico modo che mi sembrava possibile per farle pesare il mio dolore, la mia sofferenza. Non ho saputo fare di meglio che coltivare la presuntuosa idea che un passato così si potesse chiudere da un giorno all’altro, riponendo i tanti ricordi, le emozioni, i profondi sentimenti, all’interno di una scatola di cartone riposta sull’ultimo piano di una libreria.

Le dirò che ho compreso le sue reazioni di allora, anche se non le ho mai giustificate.

Penso inizierò da queste cose, cercando di capire poi, nei giorni che seguiranno, cosa dicono e nascondo le voci che ancora sento nell’animo. Se sono reali, o sono solo l’eco di quello che è stato. Se valgono solo per la A. di ieri, o possono essere dette e amplificate anche per la A. di oggi. Non posso più convivere con questo pensiero, quotidiano e forte, senza capire bene cos’è e cosa chiede.

Scusate il video da pasticciere diabetico…ma quando mi è venuta in mente questa canzone e ho trovato il video su You Tube, mi sono troppo divertito all’idea di associarlo a questo post.

Anche se manca ancora qualche giorno…buon “sabato pomeriggio” a tutti.

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