Da un paio di sedute ho iniziato a indagare il passato, le origini e soprattutto la storia della mia famiglia per capire quale DNA relazionale si è tramandato da una generazione all’altra, influenzando così le dinamiche famigliari fino agli aspetti e le sfumature del mio modo di essere. In termini tecnici sto studiando il mio genogramma.
Anche questo aspetto dell’analisi ha i suoi lati divertenti e quelli che invece lo sono meno. Abbiamo iniziato dalla famiglia materna, partendo un po’ dai miei nonni e dalla loro vita, cercando di capire come abbiano impostato l’educazione e la formazione dei loro componeti, con quali principi e metodologie.
Siamo poi passati alla famiglia paterna e infine siamo entrati in casa mia.
Incuriosito poi da questo studio ho iniziato a far qualche domanda a casa e ho scoperto una singolare ed entusiasmante storia famigliare legata al mio bisnonno materno, Andrea.
Da quello che ho potuto scoprire pare che il caro bisnonno Andrea la vita se la sia goduta alla grande fino agli ultimi suoi giorni. Nasce nel 1846 e la leggenda dice che abbia conosciuto Garibaldi. Si sposa una prima volta e da questo matrimonio nascono cinque figli. A tarda età la moglie muore, ma invece di rassegnarsi alla vita, alla veneranda età di sessantasette anni, sposa una donna più giovane di lui di quarantaquattro anni con cui mette al mondo cinque figli, di cui mio nonno Carmine è il penultimo, nato nel 1919 quando il padre ha ben settantatre anni. La moglie muore di parto mettendo al modo l’ultimo figlio nel 1923.
Non ancora appagato dalla vita si sposa per la terza volta nel 1924. Muore nel 1930 sopravvivendo anche all’ultima moglie. Che dire, viva il bisnonno Andrea!!
Ho riflettuto un po' sulle cose emerse dalle ultime sedute con Berny, vi riporto il mio pensiero.
Nonostante le difficoltà, la lontananza, l’aspetto quasi esclusivamente femminile della famiglia, quella materna risulta molto più unità e cooperante, a prescindere dall'autonomia dei singoli.
Molto meno unità, con una componente maschile quasi defilata e più impegnata nei doveri e nel sacrificio individuale e meno nel bisogno comune della famiglia, risulta essere quella paterna. Solo le donne si adoperando per un'unione più famigliare stringendosi intorno a mia nonna, sicuramente il fulcro della vita domestica.
Rispetto alla famiglia materna, quella paterna si presenta molto più rituale, formale e metodica, con una minore dedizione alla crescita e al costruire per il futuro e più propensa alla “sopravvivenza” giornaliera. Una famiglia che sta più insieme per necessità e/o dovere che per spirito comunitario di aiuto reciproco, una famiglia che ancora una volta mi riporta ai protagonisti del romanzo di Ignazio Silone “I cafoni di Fontamamara”….anche se forse il confronto è un po’ azzardato.
Nella famiglia paterna sono più i singoli che si riuniscono per condividere qualcosa (lavoro, un momento di difficoltà o altro) che non l’entità famigliare nel suo insieme.
Tutt’oggi questo non avviene nella famiglia materna dove il problema del singolo è vissuto come problema di tutti o comunque, anche nella semplice “socialità”, è più la famiglia che si ritrova che non i singoli.
Se provo ad analizzare almeno dall’esterno le caratteristiche più superficiali dei componenti delle due famiglie, vedo i componenti della famiglia di mia madre molto più sereni e gioviali. Li vedo riunirsi anche nelle occasioni non di festa, scherzando e prendendosi in giro a sessantanni come se ne avessero trenta, in un alternarsi di eccentricità divertenti. Nella famiglia di mio padre si è invece più formali e seriosi, quasi cupi a volte, sempre un po’ lamentosi e con una visione un po’ pessimistica della vita e delle sue difficoltà.
Se poi si sposta l’attenzione sull’aspetto puramente materiale, chi ha costruito di più è la famiglia materna, nonostante in minor numero, a dimostrazione forse che nella famiglia di mio padre è valsa la “forza del singolo” mentre in quella di mia madre “la forza della comunità”.
E Io? Dove mi colloco io tra le due famiglie?
Anche se mi resta difficile ammetterlo, nonostante mi senta molto più vicino alla famiglia materna, forse come modello ho fatto mio molto di più quello paterno che paradossalmente non mi soddisfa per nulla. Dimostrazione ne è il fatto che frequento molto di più e con più piacere i parenti da parte di mia madre, e invece quasi come un dovere mi ritrovo a volte a vivere la famiglia paterna.
Conoscete il libro: “La solitudine dei numeri primi”?
Io non l’ho letto, ma il titolo di questo libro mi fa pensare alle differenze di carattere tra mia madre e mio padre.
Mio padre è certamente più individualista, solitario, ma credo di poter affermare che ha un pensiero molto più articolato di mia madre. Un elettricista che si appassiona alla musica classica, al jazz, alla canzone d’autore, all’arte, alla scienza e alla tecnologia. Un genio del lavoro manuale in tutte le sue forme, che a 65 anni va in pensione e come se la vita iniziasse ancora una volta, si compra un pc e impara a navigare in internet, a programmare i PLC, cosa che a me oggi resterebbe difficile da apprendere. Una persona però che quasi non coltiva amicizie, rapporti sociali, se non nel giro stretto del mondo del lavoro che ancora abita con passione.
Mia madre invece è sicuramente meno “ricca” da questo punto di vista, ma sicuramente più propensa alla vita sociale, sempre pronta ad aiutare gli altri, molto generosa, pronta a prendersi carico dei problemi degli altri e che risente molto della fiducia tradita. Attenta alla casa, una donna che ha saputo dividersi meravigliosamente tra lavoro, gestione domestica ed educazione mia e di mio fratello.
Se collego questa analisi dei miei genitori alla mia propensione verso l’altro sesso, posso dire che cerco e mi sento più attratto da donne che rappresentano un aspetto caratteriale simile a quello di mio padre, mentre a vote mi capita di provare quasi disagio di fronte al manifestarsi delle caratteristiche tipiche del carattere di mia madre.
Altro fattore che contraddistingue le differenze delle due famiglie è l’aspetto esteriore. Se penso al mio nonno materno, ai suoi fratelli, rivedo persone “eleganti” non solo nel vestire, soprattutto alla domenica, ma proprio nella fisionomia e nell’aspetto, con i baffi sempre curati e la brillantina nei capelli.
Io sono molto più simile a mio padre, per lo più amo il vestire comodo da “tutti i giorni”, senza risalto per gli aspetti eleganti, anche se ho le mie peculiarità e i miei gusti fuori dagli schemi paterni.
W IL BISNONNO ANDREA!!!